Recensione in anteprima: La spia dei Borgia di Andrea Frediani

by - mercoledì, aprile 25, 2018

Buongiorno lettori! Oggi la nostra Kei vi parla in anteprima di un thriller storico in uscita domani per la Newton Compton. Scopriamo insieme la sua opinione.




Un autore da oltre 1 milione di copie
Tradotto in tutto il mondo
Un grande thriller
Un papa al culmine del suo trionfo
Il più celebre delitto della Roma rinascimentale

Il papa Alessandro VI Borgia sta perfezionando i suoi progetti per il controllo dell’Italia, quando un atroce delitto lo priva di uno degli affetti più cari e sconvolge i suoi piani. Tutta Roma viene mobilitata per scoprire l’autore del crimine ma, per una strana serie di coincidenze, in prima linea nelle indagini si viene a trovare il pittore di corte, il celebre Pinturicchio. Per far luce su un omicidio che ha ferito il cuore del papato, Pinturicchio si servirà dell’aiuto dei più affermati artisti in città, da Michelangelo Buonarroti a Filippino Lippi, da Piermatteo d’Amelia al Perugino. L’elenco dei nemici dei Borgia è così lungo che la lista dei sospettati si alimenta di giorno in giorno. Ma un uomo mascherato potrebbe essere il testimone chiave del delitto o il suo autore… Di chi si tratta? In una Roma rinascimentale dove la ricchezza delle espressioni artistiche va di pari passo con le lotte per il potere, la penna di Andrea Frediani rievoca uno dei più celebri cold case della storia.




I grandi gialli, si sa, catturano l’attenzione del lettore fin dalla prima pagina. Prendete ad esempio un terribile delitto irrisolto che strappa ad un uomo ormai giunto allo stanco tramonto dei suoi giorni — ma non del suo potere — uno degli affetti più preziosi. Intrecciatelo poi con le sorti di un rinomato artista, chiamato ad arrivare al bandolo della matassa, che si lancia nelle indagini avvalendosi di tutte le sue conoscenze del campo. Se questi elementi fungono da bozzetto per un progetto ambizioso, aggiungete ora i colori e lo sfarzo della Roma rinascimentale e avrete un affresco tetro e affascinante.


Il Papa Alessandro VI presentato dalla penna dell’autore è un uomo provato. Se pur nella sua mente non c’è pentimento per un percorso religioso ortodosso e rigoroso, in cuor suo il pontefice è ben consapevole della reputazione controversa legata al nome del suo casato. Del resto, anni di macchinazioni politiche, intrighi e segreti hanno lasciato il segno su di lui, facendogli finalmente sentire il peso dei propri sessant’anni. Il suo pontificato è stato tuttavia un periodo fiorente per l’arte, ed è proprio osservando gli splendidi affreschi del Palazzo Apostolico che Rodrigo nota un particolare che suona stridente, toccando una corda scoperta da un recente lutto.


È proprio questo lutto che il pittore Bernardino di Betto Betti, più conosciuto come Pinturicchio, si trova ad affrontare. Fin dal principio, l’artista ci viene presentato come un uomo cauto e misurato, più portato a far parlare la propria intuizione e i moti dell’animo proprio attraverso la sua arte, fitta di intricati riferimenti e sottili interpretazioni che l’autore gestisce egregiamente. Le descrizioni sono vivide e ricche, contribuendo a creare il clima della Roma papale in cui è ambientato il romanzo. Per quanto i riferimenti ad altri snodi storici delle vicende dei Borgia abbondino, (per citarne uno, la discesa del re francese Carlo VIII — commemorata peraltro negli stessi affreschi del Pinturicchio) è infatti la città a fungere da centro nevralgico di tutta la vicenda. Un teatro in cui si muove una rosa di personaggi particolarmente ricca.


I membri più noti della famiglia Borgia non possono ovviamente mancare, con i loro successi e le loro burrascose vicende, ma sono gli artisti a giocare una parte fondamentale, riuniti nel caput mundi per portare a termine opere che li porteranno alla storia. Non mancano gli screzi, le indecisioni, gli sfoggi d’ego e i tentativi di mettersi in competizione con le altre abili mani che accolgono le richieste dei mecenati romani. La profonda umanità che dimostrano potenti e sottoposti mette in luce sfaccettature dell’anima spesso tenute celate, affilate e pericolose.


«Perché il popolo creda nella Chiesa, bisogna rendere meno precario il nostro potere, e possiamo farlo solo attraverso le persone di cui ci fidiamo di più, ovvero i nostri familiari. […] per questo dobbiamo proteggere i nostri figli, anche se si dimostrano degli inetti. Lo capite, Pinturicchio?»



Lo stile dell’autore insuffla vita in ciascun volto che scopriamo, trattando con agio i grandi movimenti storici e dedicando cura e precisione ai dettagli più minuti, dalle tecniche di affresco al vestiario. È questa lente d’ingrandimento sui particolari, ben più rilevanti di quanto si possa immaginare da “profani” del genere, a rendere tanto immersivo La Spia dei Borgia. Le opere d’arte, in particolare, mi hanno letteralmente incantata. Se una pecca si può trovare è la difficoltà a seguire con chiarezza i dialoghi che talvolta si presenta quando in scena è presente un gran numero di personaggi, dal momento che il punto di vista, una volta annunciato, resta sottinteso. Il piacere di abbandonarsi alle descrizioni e agli approfondimenti ben incorporati è tale che farmi strappare l’attenzione dagli avvenimenti più mondani è stato quasi un dispiacere. Le azioni di guerra sono spietate e scabre; ogni componente della scacchiera è acutamente consapevole di mosse e contromosse. La realtà di quest’epoca è sfiancante da vivere, eppure riserva misteri che invogliano a voltare pagina ancora, e ancora.



4 stelle su 5

Alla prossima, Kei!





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