Recensione: La casa dei sopravvissuti di Kim Brooks

by - venerdì, gennaio 12, 2018



Buongiorno lettori e buon Venerdì! Oggi inizia con la recensione di un nuovo romanzo edito dalla Newton Compton che Serena ha letto in anteprima. Pronti a scoprire la sua opinione?



Quando la guerra è vicina nessuno può fingere di non vederla
Erano ebrei in fuga dalla deportazione: lui li salvò

Alla vigilia del coinvolgimento degli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale, in America cominciano a nascere organizzazioni che riuniscono chi desidera aiutare gli ebrei in fuga dall’Europa sconvolta dal nazismo, gli stessi che vengono respinti dalle coste statunitensi come migranti indesiderati. È l’estate del 1941 quando Abe Auer, un immigrato russo, accetta di accogliere nella sua proprietà una rifugiata europea, Ana Beidler. Intorno a loro, la comunità ebraica americana si divide tra chi ha scelto di ignorare le atrocità che vengono commesse oltreoceano e chi invece vorrebbe intervenire, anche combattendo in prima persona contro Hitler. Ma quando una popolare sinagoga di Manhattan viene incendiata, nessuno può più fingere di non vedere che la guerra è sempre più vicina. La casa dei sopravvissuti racconta la paura e il coraggio, la determinazione e l’angoscia di chi si è trovato a lottare per la propria vita, per il proprio diritto a fuggire la disperazione e la guerra.




Un libro che tratti la seconda guerra mondiale e il dramma vissuto dagli ebrei non è facile. Né da leggere, ma soprattutto da scrivere. Ci sono troppi fattori a rischio: sarà storicamente corretto? Il dolore trasparirà dalle righe?
Kim Brooks, autrice che non conoscevo, è al suo primo romanzo con la Newton Compton.

La Casa dei Sopravvissuti non è solo un romanzo sugli ebrei, perché non si limita a raccontare la loro storia; affronta in modo deciso come reagivano gli americani dinanzi alla guerra, le loro decisioni, le loro reazioni.


“Ora toccava agli ebrei di Manhattan vedere la paura all’opera nell’incendio che aveva distrutto la Libera Sinagoga e aveva chiamato Spiro, uno dei suoi profeti, a dare un senso a quell’orrore. Chi è stato? Hitler? Hitler è arrivato? Stanno venendo? Vengono per noi? Dobbiamo andarcene? Dobbiamo nasconderci?” 


Gli ebrei in America erano al sicuro. Ma è un eufemismo affermarlo. Erano sì lontani da Hitler, ma subivano le conseguenze della sua follia. E chi riusciva a scappare, doveva ricostruirsi una vita cercando di dimenticare l’orrore, la propria famiglia, abbandonata in Europa.

In questo clima si comincia a delineare l’attacco a Pearl Harbor, l’America che cede e avanza e nel contorno ci sono i personaggi di Abe e Ava, che hanno lo stesso oscuro passato e le stesse condanne, trascinate fino all’ultimo dei loro giorni.
Abe Auer è un personaggio pieno di sfumature, che all’inizio faticheremo a inquadrare. La sua è una famiglia modesta, ormai stabilita perfettamente in America, ama la moglie, di un amore tiepido, e ha una figlia, Judith, che sta per sposarsi.


“Gli piaceva guardare sua moglie. E avrebbe voluto che stesse zitta. Avrebbe voluto guardarla in un silenzio puro e perfetto, come in un film. Le parole rovinavano tutto, anche la sua eleganza, ma che importava? La sua eleganza era fuori luogo.” 


La Brooks ha uno stile affascinante, che ci fa immergere nella storia sin dalle prime righe. Ci ritroveremo proprio lì, accanto ad Abe, a sua moglie Irene, ad Ava, Max; vivremo le loro preoccupazioni, la loro sofferenza. Ha un tocco molto delicato nelle descrizioni. Una penna che raramente si trova in giro.

“Agli americani non importa quello che ci sta succedendo in Europa. Ai cristiani non importa quello che capita agli ebrei. Fine».” 

Quando cominceremo a capire l’intento dell’autrice, ci farà a pezzi il cuore. Perché non si limita ad accompagnarti per mano nell’orrore storico. Ogni scelta avrà una sua conseguenza. Non ci limiteremo perciò solo a leggere un romanzo, ma a vivere la storia. E ci sono diverse storie all’interno, ognuna con il suo peso e il suo intreccio.

“Mi aiuti a ricordare?», le chiese Abe. 
«Ricordare cosa?» 
«Come si dimentica».” 

Questo è il genere di libro che va letto quando si vuole desiderare di comprendere meglio la situazione ebraica in America con uno sguardo in più. Ma è riduttivo dire che spiega solo determinati avvenimenti.
Ve lo consiglio nel caso in cui amiate non solo lo storico, ma anche le folli e impossibili storie d’amore. Perché queste pagine ne sono piene.
Di sofferenza e tristezza, sì, ma anche di verità e affetto.

Lasciatevi guidare dalle emozioni, scaldate un po’ di acqua per il tè e leggete di Abe e Ava. Aprite il vostro cuore alla Storia. Quella che merita di essere letta, ma soprattutto raccontata e tramandata.

4 stelle su 5

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